Riporto
un articolo di Marcello Foa che ritengo in parte condivisibile
e che trovo strumentale al percorso di questo blog:
I
mandanti e il “sicario”: perché le grandi lobby scaricano
Napolitano
"Mettiamola
così: certi scoop si pesano. Dipende chi li fa e quando escono.
Napolitano in queste ore mi ricorda Di Pietro. Ricordate? Il leader
dell’Italia dei Valori è caduto, ha perso improvvisamente ogni
credibilità, sparendo dalla scena politica, quando Report di Milena
Gabanelli andò a frugare tra le casse e gli statuti del Partito. E
cosa scoprirono i cronisti di Report? Nulla che non fosse già noto.
Tutto già uscito, anzi urlato da molti giornali. Solo che detto
dalla Gabanelli, ovvero dalla più famosa e più temuta giornalista
d’inchiesta, aveva un altro peso. Non era una denuncia, ma una
sentenza ovvero era la conclamazione mediatica di una situazione
indifendibile. E d’incanto anche i giornalisti simpatizzanti di Di
Pietro, a cominciare da Santoro, lo mollarono.
Ora
tocca a Napolitano. Le accuse che sono emerse nelle ultime ore sono
nuove? Niente affatto. Il Giornale le denunciò in tempo reale e un
quotidiano come La Stampa ne parlò in un prudentissimo ma preciso
retroscena. Chi ora parla di “non scoop” tecnicamente ha ragione.
In realtà torto; perché se lo scrive Alan Friedman, ovvero un
giornalista anglosassone tutt’altro che ostile all’establishment,
con il supporto di interviste a Mario Monti, Carlo De Benedetti,
Romano Prodi – videoregistrate e dunque non equivocabili – e con
la vetrina simultanea di due grandi testate come il Corriere della
Sera e il Financial Times, la notizia prende un altro peso e, come
avvenuto con Di Pietro, diventa una Verità; non più un sospetto, ma
un fatto mediaticamente incontestabile.
E
dunque coloro che tendono a relativizzare o addirittura ridicolizzare
lo scoop sbagliano. Le leggi della comunicazione sono inequivocabili
e ben note sia a Friedman che ai navigati interlocutori che si sono
concessi al suo microfono. Lo scandalo c’è ed è colossale.
Sa
di licenziamento. Già, ma per mano di chi? Del Parlamento e del
popolo italiano? Macché, questa è democrazia e la democrazia si sa
non è più di moda. Il vero potere risiede altrove –
nell’establishment europeista, transnazionale e finanziario – e
si esercita in altre maniere, meno desuete, eppure molto efficaci, in
quanto fondate non sul consenso elettorale, bensì sul controllo
delle leve che determinano il destino dei popoli e dei Paesi. Dunque:
la moneta, il debito pubblico, la possibilità di imporre leggi al di
sopra dei Parlamenti nazionali e di dettar legge attraverso organismi
sovranazionali, naturalmente privi di sovranità popolare. Non è
questo il mondo in cui viviamo? Un mondo in cui i governi non hanno
quasi più poteri, i parlamenti non riescono a legiferare e in cui la
Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e naturalmente
l’Unione europea hanno poteri soverchianti?
La
sensazione, sgradevolissima ma temo veritiera, è che la vicenda di
Napolitano sia “cosa loro” ovvero che risponda a logiche e
modalità che sfuggono al comune cittadino e che finiscono per
ingannare anche quei politici che, avendo capito dove risiede il vero
potere, lo corteggiano nella speranza di essere cooptati.
E
alcuni ci riescono. Giorgio Napolitano, naturalmente. Ma anche
Gianfranco Fini, la cui svolta antiberlusconiana si manifestò dopo
la sua partecipazione alla Convenzione europea, ovvero al consesso
che nella prima metà degli anni Duemila era stato incaricato di
elaborare la Costituzione europea. Lì, Gianfranco, l’allievo
prediletto di Almirante e uomo dai radicati valori della destra
nazionalista, capì chi comanda davvero. E svoltò rinnegando se
stesso e diventando strumento nella lotta contro Berlusconi, uno che
l’élite non ha mai sopportato.
Giorgio
Napolitano ha seguito lo stesso percorso. Leggendo “Il tramonto
dell’euro” di Alberto Bagnai, troverete riportato un bellissimo
discorso in Parlamento in cui Napolitano prevedeva, con straordinaria
lungimiranza, le devastazioni che avrebbe provocato la moneta unica.
Poi, però, Napolitano divenne europarlamentare. E la sua visione
cambiò drasticamente. Di quell’uomo oggi non c’è più traccia.
Come
Gianfranco, anche Giorgio pensava di essere arrivato, di appartenere
a pieno titolo alla super élite transnazionale. Entrambi si
sentivano intoccabili; non capivano, però, che le logiche di
quell’establishment sono diverse da quelle dei partiti, che le loro
leggi, non scritte, sono implacabili e, soprattutto, che non tutti i
membri sono uguali. Al suo interno c’è chi conta di più (come
Draghi senza dubbio) e chi di meno (come quasi tutti i politici
italiani); chi sa e chi non sa; chi viene cooptato nel girone divino
e chi, pur partecipando, resta ai margini.
Ecco,
Napolitano apparteneva alla seconda categoria. E ora che non serve
più o forse semplicemente perché ha deluso, viene abbandonato a se
stesso. Con modalità che sono proprie di quegli ambienti, usando
come sicario un giornalista americano, che di nome fa Alan e di
cognome Friedman."
Dunque
Napolitano è stato scaricato dalle élite tecnocratiche e
finanziarie, su questo non c'è dubbio.
Perché?
La
giustificazione di Friedman nella trasmissione Piazza Pulita su la7,
ci indica una possibile strada: "Non sono un costituzionalista,
ma pongo il problema, che emerge dai fatti, di come abbiate
rispettato la vostra Costituzione; non sono interessato a valutazioni
politiche, ma faccio il mio dovere di cronista, raccogliendo
rigorosamente i fatti e verificando professionalmente le fonti."
D'altronde
questi fatti erano perfettamente noti a chi, come me, da oltre due
anni si interessa di politica economica. Addirittura nel novembre
2011 l'insediamento di Monti, accompagnato dalla scusa dell'urgente
necessità di riduzione dell'eccesso di debito pubblico, arrivava
insieme alla notizia di diversi importanti studi sui debiti pubblici
europei che convergevano sul fatto che quello italiano risultava il
più sostenibile.
La
risposta che mi pare più plausibile è la rimessa in discussione delle politiche economiche filo-€uropee da cui le élite non sanno più come uscire.
Alan
Friedman, uno di loro, ci mette la faccia, fa' lo scoop, non cita le
fonti per deontologia e il gioco è fatto.
Intanto
Prodi, Monti e De Benedetti hanno parlato. Loro sono ancora i soldati italiani dell'élite. Napolitano non più.
Possiamo
sostenere con una certa sicurezza, come Luciano Barra Caracciolo sintetizza, che: "il liberismo non può permettersi di andare
avanti con queste politiche se vuole arrivare alla sua espansione
planetaria in termini di mercati appetibili e non auto-implosi
(Piigs), e che la Germania, proprio sul piano dell'internazionalismo,
si sta dimostrando disfunzionale: ergo, si prendono provvedimenti.
Per capirci si può dire che solo l'OCSE crede ancora nella
sostenibilità totale di deflazione interna accompagnata da tagli
alla spesa-privatizzazioni."
Lo
scoop di Friedman, anche se non esplicitamente, pone il problema
dell'Euro e della sua insostenibilità.
Con
una moneta così, una loro creazione, le élite ci stanno perdendo e
tentano di risalire la china.
Intanto
i popoli. e più precisamente i lavoratori tutti, hanno già perso e
continueranno a perdere.
Riporto
un articolo di Marcello Foa che ritengo in parte condivisibile
e che trovo strumentale al percorso di questo blog:
...istruttivo, da una chiave di lettura piu logica rispetto a quanto ci fanno credere.
RispondiEliminaAurelio