Pubblico un gran bel post di Orizzonte48:
Insomma, la risposta all'ostruzionismo immaginata in queste ore da Renzi sarebbe la sottoposizione del d.d.l. costituzionale a referendum (cioè in ogni caso, anche laddove le votazioni favorevoli raggiungessero il quorum dei 2/3).
Ovviamente nella certezza di vincerlo.
L'opposizione sarebbe stroncata sul suo stesso campo. E, a rigore, avrebbe ragione.
Ma questo non sanerebbe la situazione. Certo, l'operatività della riforma costituzionale, asseverata da referendum, "supererebbe" la situazione: ma non è la stessa cosa.
Una riforma costituzionale tesa a incidere sui meccanismi della forma di governo ma che, nella sostanza, trasforma la forma di Stato da Repubblica fondata sul lavoro e a sovranità nazionale, in Repubblica fondata sulla normativa €uropea - e quindi sulla stabilità dei prezzi, sulla valuta unica e sulla trasformazione perenne del mercato del lavoro in campo di azione correttiva per il mantenimento dei primi due "valori supremi"- esigerebbe ben altro che un referendum.
Esigerebbe l'integrale ed inequivoca manifestazione dei suoi riflessi nei precisi termini ora esposti e la conseguente accettazione dei suddetti neo-valori supremi con la contemporanea espressa rinuncia ai valori fondamentali dell'attuale Costituzione, in base ad un consapevole momento di scelta di ciascun elettore.
Sarebbe cioè realizzabile solo in base ad un processo Costituente che riscriva esplicitamente i principi fondamentali (quantomeno gli artt.1-12) della stessa Costituzione, adeguandoli a tali nuovi valori, in modo che non ci siano più ipocrisie e verità mediaticamente nascoste e i cittadini italiani non coltivassero più illusioni sulla titolarità nazionale, cioè del popolo italiano, della sovranità, abolita così anche nella forma.
Intendiamoci, il referendum concepito dal vertice dell'attuale governo potrebbe benissimo passare: basterebbe rammentare che i "nuovi valori", in questo contesto politico-mediatico così saldamente omogeneo, sarebbero nell'immediato ancora celati e, piuttosto, si tratterebbe di un referendum brutalmente proposto sugli antecedenti propagandistici di quegli stessi valori, cioè quelle parole d'ordine che li hanno resi finora accettabili nei loro effetti applicativi, e che li hanno dissimulati garantendo un diffuso consenso.
Ci riferiamo agli slogan che identificano le riforme, - per quanto in modo irrazionale e non certo dimostrabile- con i seguenti obiettivi "contro":
- la casta;
- il debito pubblico (riflesso della spesa pubblica "brutta" e curabile, in tesi, col pareggio di bilancio, che solo le riforme consentirebbero di raggiungere senza resistenze della...casta).
Dunque, un referendum del genere potrebbe pure essere agevolmente vinto.
Ma qui ritorniamo al punto di partenza: basterebbe questo a sanare l'abrogazione dei principi fondamentali della Costituzione che, per giurisprudenza della Corte costituzionale, non possono essere oggetto di revisione, neanche cioè rispettando la procedura dell'art.138 Cost., in quanto incorporati nel caratterizzare la "forma repubblicana" che costituisce il limite invalicabile delle stesse lecite modifiche costituzionali?
Insomma, per dire, se la grancassa mediatica, - che appoggia istericamente, e senza più neppure badare alla minima attendibilità dei ragionamenti che in questi giorni svolge a sostegno della riforma "ad ogni costo"-, riuscisse a condizionare l'esito del referendum, il M5S sarebbe realmente sconfitto?
Non sarebbero piuttosto sconfitte la democrazia costituzionale e la sovranità democratica, avendosi cioè un risultato che, rispettando la stessa Costituzione, non sarebbe per definizione possibile, ovvero "lecito" (cioè conforme alla legalità suprema dell'ordinamento giuridico)?
Ebbene questa serie di interrogativi paradossali (ma non troppo), dovrebbe essere ben chiara alle opposizioni.
Perchè dal saper rispondere correttamente dipende la stessa loro sopravvivenza come soggetti politici che possano in qualche modo svolgere ancora una funzione all'interno del quadro democratico che, in Italia, è bene rammentarlo, E' SOLO QUELLO GARANTITO DALL'ATTUALE COSTITUZIONE.
Finita la vigenza-effettività di questo quadro, nessun ostacolo verrebbe più frapposto a considerare le stesse opposizioni attuali come contrarie "al bene supremo dello Stato", qualunque esso sia, poichè, venuti meno i valori fondanti della democrazia necessitata del lavoro e dei diritti sociali, l'identificazione di ciò che è legittimo e lecito sarebbe compiuta solo sul piano ideologico dei valori divenuti prevalenti.
E questi "neo-valori", cioè la moneta unica, la stabilità dei prezzi, il lavoro-merce, la forte competizione (tra Stati, denominata "competitività" sui mercati, cioè mercantilismo), sono direttamente quelli imposti dall'Unione europea. Quindi da un super diritto che esplicitamente richiama la sua assoluta superiorità "tecnocratica", giustificando con ciò la immediata attuazione delle sue decisioni istituzionalizzate, al di fuori di qualsiasi discussione e vaglio dei parlamenti nazionali, assunti come appendici esitanti e inefficienti di una obsoleta e disfunzionale politica del "consenso".
Senonchè questa, in definitiva, è la logica irreversibile del referendum giocato sulle note dell'ordoliberismo, cioè del liberismo che progressivamente svuota le istituzioni democratiche fino a sostituirle , grazie ad una macchina mediatica inarrestabile, con gli slogan di cui sopra, autosufficienti e onnipossenti nel plasmare ogni possibile visione del mondo dei "governati" (dalla tecnocrazia).
Ma se questa è la logica, - ad esiti predeterminati dal presupposto ed innegabile controllo mediatico-, del referendum sulle riforme costituzionali, questa stessa logica, non potendosene negare l'attualità e la inesorabilità, si applica AD OGNI POSSIBILE REFERENDUM: il che naturalmente include anche quello, propositivo, consultivo e in qualunque altra forma sia possibile escogitare, sullo stesso euro.
Se il suo esito (non certo sorprendente) fosse di rinnovata accettazione da parte del corpo elettorale, chiedo agli amici del M5S, ciò sanerebbe la contrarietà della moneta unica ai principi fondamentali della Costituzione (artt. 1, 3, 4, 47 Cost. solo per citarne i principali)?
Se si è compreso cosa significhi nella sostanza dell'assetto socio-economico la valuta unica, la risposta non potrebbe essere che: NO, NO, MILLE VOLTE NO.
Il che dovrebbe rammentarci un'altra cosa, terribilmente importante: il referendum è un mero strumento, come lo stesso sistema elettorale. Svincolato dai valori inderogabili che tante lotte, morti e sofferenze costarono ai nostri padri (e nonni) per poter essere affermati in Costituzione, indica precisamente il limite della DEMOCRAZIA COME METODO.
Vale a dire ciò che la tecnocrazia mediatizzata sovranazionale, ha capito benissimo essere un ben debole ostacolo alle proprie mire restauratrici dell'assetto capitalistico oligarchico, di cui la "costruzione europea" costituisce la cronistoria di una lunga marcia vincente.
Fino ad oggi (per default della resistenza che poteva opporre la coscienza democratica).
Ma se questa riforma costituzionale sarà approvata, aprendo la via al monocameralismo a rappresentanza supermaggioritaria, quei principi così fondamentali da costituire l'ESSENZA DELLA DEMOCRAZIA SOSTANZIALE, non saranno più "immodificabili" e "tutto sarà possibile".
O meglio, già oggi "tutto è possibile": tutto, piuttosto, sarà "lecito", in nome dell'€uropa.
Il che dovrebbe portare a riflettere sul fatto che, invece di proporre referendum, bisognerebbe denunciare i trattati, portare alla Corte costituzionale, finchè sarà riconoscibile come l'organo di garanzia concepito nel 1948, la loro contrarietà ai principi fondamentali.
Insomma, questa vicenda dovrebbe aprire gli occhi, prima che sia troppo tardi, sul fatto che la cosmesi della democrazia come metodo, e quindi la fiducia nei referendum, è un autorete segnata nella porta della democrazia come forma vitale e preziosa della vita nazionale.
Se a questa ancora si attribuisce un qualche valore.
E se ci si rende conto che contro lo strapotere mediatico e i suoi effetti devastanti sulla consapevolezza dei cittadini, orchestrati attentamente da decenni, non ci si può irresponsabilmente inoltrare sullo stesso terreno che ESSI hanno preparato e sul quale non potranno che prevalere.
In attesa di abolire anche la democrazia come metodo, che, a quel punto, non avrebbe neanche più ragione di esistere, dato che, accettati valori supremi che non hanno nulla a che vedere con la democrazia come modello socio-economico di armonizzazione pluriclasse, l'efficienza nel loro perseguimento sarebbe certamente meglio realizzabile con la (€uro)tecnocrazia apertamente teorizzata da Barroso.
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