giovedì 3 aprile 2014

Non si fa' un referendum contro lo stupro......

Il titolo di questo post è tratto da un commento su twitter di Luciano Barra Caracciolo sul punto di vista del M5S sull'€.
Basterebbe solo il titolo per sintetizzarne il contenuto.
Sono per la ricerca della chiarezza, pertanto espongo un paio di punti di vista sul tema.
Il 2 aprile 2014 sul sito di Grillo esce un post intitolato "Il Referendum sull'Euro" che riporto integralmente:


L'Italia ha perso la sua sovranità monetaria senza che i cittadini fossero interpellati. Nessuno ci ha spiegato i pro e i contro, i rischi e le opportunità e un eventuale piano B di uscita in caso di fallimento. Hanno espropriato gli italiani della loro moneta trattandoli da sudditi. Per questo motivo è necessario dare loro la parola con un referendum che, come spiegato nell'articolo che segue, è fattibile ed è legittimo. In alto i cuori!

"È con l'istituto tipico della democrazia diretta - il referendum - che i cittadini italiani, il 18 giugno 1989, sono stati chiamati a pronunciarsi sul potenziamento del ruolo dell'Europa, «affidando allo stesso Parlamento europeo il mandato di redigere un progetto di Costituzione europea da sottoporre direttamente alla ratifica degli organi competenti degli Stati membri della Comunità».
In altri termini, con la Legge Costituzionale 3 aprile 1989, n. 2, è stato formalmente indetto un referendum popolare di indirizzo, non meramente consultivo, attraverso il quale è stata richiesta la legittimazione popolare per il trasferimento di sovranità dallo Stato italiano all'Unione europea (allora Comunità).
Ecco dunque che, nel solco già tracciato, potrebbe tranquillamente essere indetto, con legge costituzionale, un nuovo referendum di indirizzo, per sottoporre ai cittadini italiani il seguente quesito: «Ritenete voi che si debba procedere all'uscita dell'Italia dall'utilizzo dell'EURO?».
La legge costituzionale istitutiva di un referendum di indirizzo ad hoc avrebbe il pregio di neutralizzare i possibili rischi derivanti da un referendum abrogativo ed, in particolare, dalle esplicite esclusioni previste dal vigente articolo 75 Cost.
In ogni caso, oltre all'aspetto formale, un referendum sulla permanenza del nostro Paese nell'area della moneta unica non farebbe altro che concretizzare il principio cardine del nostro regime democratico, solennemente sancito nel primo articolo della Carta Costituzionale repubblicana, secondo cui «La sovranità appartiene al popolo». Al popolo sovrano, dunque, la parola!"

M5S Senato


L' 8 dicembre 2013 sul sito www.kappadipicche.com uscì un post dal titolo "Referendum sull'Euro: un colpevole equivoco?" che esprime validamente ancor oggi tutte le perplessità sul punto di vista del M5S sia dal punto di vista giuridico che politico. Eccolo:


Uno dei temi più utilizzati dalla retorica politica dei massimi esponenti del Movimento 5 Stelle è rappresentato dalla volontà di proporre un referendum abrogativo sull’adesione dell’Italia all’Euro. Il tema della moneta unica sta occupando sempre più spazio nel dibattito politico ma permangono ancora alcuni equivoci, sia sulla responsabilità dell’Euro nello sviluppo della crisi sia sui meccanismi di uscita a disposizione degli attuali Paesi aderenti.

Non potendoci occupare per ragioni di spazio dell’Euro quale acceleratore della crisi economica, affronteremo la possibilità o meno di proporre un referendum abrogativo. E’ stato infatti sostenuto che, in forza del principio di democrazia diretta offerto dall’articolo 75 Cost., i cittadini potrebbero essere chiamati alle urne per scegliere liberamente se rimanere o, al contrario, abbandonare l’unione monetaria. Infatti il citato articolo stabilisce, al suo primo comma, che “è indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali”. Una volta indetto, la legge oggetto del referendum è abrogata se l’elettorato partecipa a maggioranza degli aventi diritto ed è al contempo raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. E fino a qui non sembrerebbero esserci problemi.

Tuttavia la disciplina del referendum è circondata da una serie di limiti oggettivi in merito agli atti esclusi dalla volontà popolare che rendono la proponibilità stessa del referendum abbastanza ardua. Tali limiti sono inclusi al secondo comma dell’articolo 75 Cost., il quale recita: “non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”.
Sposando un’interpretazione letterale e forse un po’ superficiale del dato normativo costituzionale, si potrebbe concludere che le leggi di introduzione dell’Euro (Legge 17 dicembre 1997, n. 433 e successivi D.lgs 10 marzo 1998 n. 43, D.lgs 24 giugno 1998 n. 213, D.lgs 26 agosto 1998 n. 319 e D.lgs 15 giugno 1999 n. 206), non essendo esse stesse leggi di ratifica di trattati internazionali (il Trattato di Maastricht è stato ratificato nel nostro ordinamento per mezzo della legge n. 454/1992), non ricadrebbero nel divieto opposto dal secondo comma dell’articolo 75 Cost.
I fautori del referendum sostengono questa linea interpretativa ignorando però un risalente indirizzo giurisprudenziale della Corte Costituzionale, la quale già a partire dalla famosa sentenza n. 16 del 1978, ha inteso, in virtù dei poteri ad essa attribuiti dall’articolo 2, comma 1 della Legge Costituzionale n. 1/1953, restringere l’ambito applicativo del giudizio di ammissibilità sui referendum abrogativi mediante elaborazione di ulteriori limiti oggettivi. Dunque, la Consulta ha ritenuto di escludere dal referendum:
(i) con riguardo alla materia tributaria, tutte le norme che disciplinano “il rapporto tributario nel suo insieme”, vale a dire che riguardano tanto il momento costitutivo dell’imposizione, quanto il momento dinamico del rapporto, cioè l’accertamento e la riscossione del tributo con la precisazione che l’esclusione non comprende in genere “le leggi di spesa” (sentenza n. 51 del 2000, riguardante la ritenuta alla fonte) e,
(ii) con riguardo alle leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali, le leggi di esecuzione dei trattati internazionali e le leggi attuative e produttive di effetti strettamente collegati all’ambito di operatività dei trattati stessi: infatti, l’eventuale abrogazione di tali leggi esporrebbe lo Stato a responsabilità di diritto internazionale. Allo stesso modo, è stata altresì dichiarata l’inammissibilità di proposte referendarie che mirassero ad abrogare leggi aventi lo scopo di soddisfare obblighi derivanti dalla partecipazione all’Unione Europea. In virtù delle considerazioni appena svolte pertanto il dato conclusivo che si ricava è una sostanziale intangibilità di qualsiasi provvedimento esecutivo, antecedente o successivo all’adempimento di obblighi provenienti da organismi sovranazionali ai quali l’Italia partecipa.

Pertanto, l’interrogativo che va posto è se la reiterata sollecitazione a proporre un referendum sull’Euro sia frutto di semplice ignoranza o se al contrario rappresenti un abile mezzo ad uso di un disegno politico ben più ampio.
In entrambi i casi gli effetti sarebbero gravemente dannosi: nel primo caso si dovrebbe certificare l’inadeguatezza di una classe dirigenziale del movimento incapace di interpretare correttamente semplici dati normativi; nel secondo, la questione assumerebbe tinte decisamente più fosche.
Si potrebbe infatti immaginare che il tema dell’Euro sia stato utilizzato per conquistare consensi ed al contempo prendere tempo, mascherando dietro al continuo rinvio del referendum la reale volontà dei quadri dirigenziali del movimento.



Oggettivamente la ratio del secondo post sembra essere decisamente più centrata e competente.
Io la condivido.
Sono amareggiato, pertanto, dall'occasione perduta relativa al contributo che il M5S poteva dare alla riconquista della democrazia in Italia, e che ha scelto di non dare.
D'altronde Casaleggio ha espresso chiaramente il suo pensiero pro Euro qui, ma non vuole perdere i voti degli euroscettici e quindi mente sapendo di mentire.
Si rifugia in un referendum improponibile tecnicamente con l'aggravante di ignorare quel che la scienza economica dice dal 1957 (James Meade, teoria delle Aree Valutarie Ottimali).

L'€ è uno strumento in mano al capitale per l'asservimento dei popoli.
Lo stupro è un atto da vigliacchi per l'asservimento dei più deboli.

Voi lo proporreste un referendum contro lo stupro?

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