Basterebbe solo il titolo per sintetizzarne il contenuto.
Sono per la ricerca della chiarezza, pertanto espongo un paio di punti di vista sul tema.
Il 2 aprile 2014 sul sito di Grillo esce un post intitolato "Il Referendum sull'Euro" che riporto integralmente:
L'Italia
ha perso la sua sovranità monetaria senza che i cittadini fossero
interpellati. Nessuno ci ha spiegato i pro e i contro, i rischi e le
opportunità e un eventuale piano B di uscita in caso di fallimento.
Hanno espropriato gli italiani della loro moneta trattandoli da
sudditi. Per questo motivo è necessario dare loro la parola con un
referendum che, come spiegato nell'articolo che segue, è fattibile
ed è legittimo. In alto i cuori!
"È
con l'istituto tipico della democrazia diretta - il referendum - che
i cittadini italiani, il 18 giugno 1989, sono stati chiamati a
pronunciarsi sul potenziamento del ruolo dell'Europa, «affidando
allo stesso Parlamento europeo il mandato di redigere un progetto di
Costituzione europea da sottoporre direttamente alla ratifica degli
organi competenti degli Stati membri della Comunità».
In
altri termini, con la Legge Costituzionale 3 aprile 1989, n. 2, è
stato formalmente indetto un referendum popolare di indirizzo, non
meramente consultivo, attraverso il quale è stata richiesta la
legittimazione popolare per il trasferimento di sovranità dallo
Stato italiano all'Unione europea (allora Comunità).
Ecco
dunque che, nel solco già tracciato, potrebbe tranquillamente essere
indetto, con legge costituzionale, un nuovo referendum di indirizzo,
per sottoporre ai cittadini italiani il seguente quesito: «Ritenete
voi che si debba procedere all'uscita dell'Italia dall'utilizzo
dell'EURO?».
La
legge costituzionale istitutiva di un referendum di indirizzo ad hoc
avrebbe il pregio di neutralizzare i possibili rischi derivanti da un
referendum abrogativo ed, in particolare, dalle esplicite esclusioni
previste dal vigente articolo 75 Cost.
In
ogni caso, oltre all'aspetto formale, un referendum sulla permanenza
del nostro Paese nell'area della moneta unica non farebbe altro che
concretizzare il principio cardine del nostro regime democratico,
solennemente sancito nel primo articolo della Carta Costituzionale
repubblicana, secondo cui «La sovranità appartiene al popolo». Al
popolo sovrano, dunque, la parola!"
M5S
Senato
L' 8 dicembre 2013 sul sito www.kappadipicche.com uscì un post dal titolo "Referendum sull'Euro: un colpevole equivoco?" che esprime validamente ancor oggi tutte le perplessità sul punto di vista del M5S sia dal punto di vista giuridico che politico. Eccolo:
Uno
dei temi più utilizzati dalla retorica politica dei massimi
esponenti del Movimento 5 Stelle è rappresentato dalla volontà di
proporre un referendum abrogativo sull’adesione dell’Italia
all’Euro. Il tema della moneta unica sta occupando sempre più
spazio nel dibattito politico ma permangono ancora alcuni equivoci,
sia sulla responsabilità dell’Euro nello sviluppo della crisi sia
sui meccanismi di uscita a disposizione degli attuali Paesi aderenti.
Non
potendoci occupare per ragioni di spazio dell’Euro quale
acceleratore della crisi economica, affronteremo la possibilità o
meno di proporre un referendum abrogativo. E’ stato infatti
sostenuto che, in forza del principio di democrazia diretta offerto
dall’articolo 75 Cost., i cittadini potrebbero essere chiamati alle
urne per scegliere liberamente se rimanere o, al contrario,
abbandonare l’unione monetaria. Infatti il citato articolo
stabilisce, al suo primo comma, che “è indetto referendum popolare
per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di
un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila
elettori o cinque Consigli regionali”. Una volta indetto, la legge
oggetto del referendum è abrogata se l’elettorato partecipa a
maggioranza degli aventi diritto ed è al contempo raggiunta la
maggioranza dei voti validamente espressi. E fino a qui non
sembrerebbero esserci problemi.
Tuttavia
la disciplina del referendum è circondata da una serie di limiti
oggettivi in merito agli atti esclusi dalla volontà popolare che
rendono la proponibilità stessa del referendum abbastanza ardua.
Tali limiti sono inclusi al secondo comma dell’articolo 75 Cost.,
il quale recita: “non è ammesso il referendum per le leggi
tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione
a ratificare trattati internazionali”.
Sposando
un’interpretazione letterale e forse un po’ superficiale del dato
normativo costituzionale, si potrebbe concludere che le leggi di
introduzione dell’Euro (Legge 17 dicembre 1997, n. 433 e successivi
D.lgs 10 marzo 1998 n. 43, D.lgs 24 giugno 1998 n. 213, D.lgs 26
agosto 1998 n. 319 e D.lgs 15 giugno 1999 n. 206), non essendo esse
stesse leggi di ratifica di trattati internazionali (il Trattato di
Maastricht è stato ratificato nel nostro ordinamento per mezzo della
legge n. 454/1992), non ricadrebbero nel divieto opposto dal secondo
comma dell’articolo 75 Cost.
I
fautori del referendum sostengono questa linea interpretativa
ignorando però un risalente indirizzo giurisprudenziale della Corte
Costituzionale, la quale già a partire dalla famosa sentenza n. 16
del 1978, ha inteso, in virtù dei poteri ad essa attribuiti
dall’articolo 2, comma 1 della Legge Costituzionale n. 1/1953,
restringere l’ambito applicativo del giudizio di ammissibilità sui
referendum abrogativi mediante elaborazione di ulteriori limiti
oggettivi. Dunque, la Consulta ha ritenuto di escludere dal
referendum:
(i)
con riguardo alla materia tributaria, tutte le norme che disciplinano
“il rapporto tributario nel suo insieme”, vale a dire che
riguardano tanto il momento costitutivo dell’imposizione, quanto il
momento dinamico del rapporto, cioè l’accertamento e la
riscossione del tributo con la precisazione che l’esclusione non
comprende in genere “le leggi di spesa” (sentenza n. 51 del 2000,
riguardante la ritenuta alla fonte) e,
(ii)
con riguardo alle leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati
internazionali, le leggi di esecuzione dei trattati internazionali e
le leggi attuative e produttive di effetti strettamente collegati
all’ambito di operatività dei trattati stessi: infatti,
l’eventuale abrogazione di tali leggi esporrebbe lo Stato a
responsabilità di diritto internazionale. Allo stesso modo, è stata
altresì dichiarata l’inammissibilità di proposte referendarie che
mirassero ad abrogare leggi aventi lo scopo di soddisfare obblighi
derivanti dalla partecipazione all’Unione Europea. In virtù delle
considerazioni appena svolte pertanto il dato conclusivo che si
ricava è una sostanziale intangibilità di qualsiasi provvedimento
esecutivo, antecedente o successivo all’adempimento di obblighi
provenienti da organismi sovranazionali ai quali l’Italia
partecipa.
Pertanto,
l’interrogativo che va posto è se la reiterata sollecitazione a
proporre un referendum sull’Euro sia frutto di semplice ignoranza o
se al contrario rappresenti un abile mezzo ad uso di un disegno
politico ben più ampio.
In
entrambi i casi gli effetti sarebbero gravemente dannosi: nel primo
caso si dovrebbe certificare l’inadeguatezza di una classe
dirigenziale del movimento incapace di interpretare correttamente
semplici dati normativi; nel secondo, la questione assumerebbe tinte
decisamente più fosche.
Si
potrebbe infatti immaginare che il tema dell’Euro sia stato
utilizzato per conquistare consensi ed al contempo prendere tempo,
mascherando dietro al continuo rinvio del referendum la reale volontà
dei quadri dirigenziali del movimento.
Oggettivamente
la ratio del secondo post sembra essere decisamente più centrata e
competente.
Io
la condivido.
Sono
amareggiato, pertanto, dall'occasione perduta relativa al contributo
che il M5S poteva dare alla riconquista della democrazia in Italia, e
che ha scelto di non dare.
D'altronde
Casaleggio ha espresso chiaramente il suo pensiero pro Euro qui, ma
non vuole perdere i voti degli euroscettici e quindi mente sapendo di
mentire.
Si
rifugia in un referendum improponibile tecnicamente con l'aggravante
di ignorare quel che la scienza economica dice dal 1957 (James Meade, teoria delle Aree Valutarie Ottimali).
L'€ è uno strumento in mano al capitale per l'asservimento dei popoli.
Lo stupro è un atto da vigliacchi per l'asservimento dei più deboli.
Voi lo proporreste un referendum contro lo stupro?
Nessun commento:
Posta un commento