mercoledì 7 dicembre 2016

Ora Bersani ci canta la MES (pubblicato su chietiscalo.it il 05/12/2012)

Qualcuno si è ricordato di un mio vecchio articolo del 2012 sul Meccanismo Europeo di Stabilità  non riuscendo, però, più a trovarlo sul sito chietiscalo.it perché in fase di ristrutturazione.
Lo ripropongo qui e, a parte le diverse contingenze storiche, potrete notare come appariva chiaro sin da allora come il MES era ed è un vile strumento di ricatto agli Stati sovrani.
Ricatto che oggi ci arriva direttamente dalla Germania dopo la vittoria del NO al Referendum confermativo della criminale riforma costituzionale.




Ora Bersani ci canta la MES


La modifica art 136 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea ha introdotto il compito della stabilità finanziaria dei Paesi dell'area Euro a cura dell’UE.
Un ampliamento dei doveri-poteri della stessa UE.
Stranamente l'attuazione di questo compito è stata resa operativa da un accordo che istituisce un’organizzazione finanziaria intergovernativa a parte chiamata ESM o, in italiano, MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) i cui soci sono i Paesi dell'area Euro.
Si tratta di una delega non alle istituzioni europee, come verrebbe spontaneo pensare, ma a un’organizzazione a parte che istituisce un fondo “salva-Stati” la cui funzione è di effettuare prestiti ai Paesi in difficoltà finanziarie che li richiedono.
Ogni Stato socio deve versare una quota proporzionale a quella detenuta nella BCE.
I voti che si possono esprimere nell'ambito di quest’organizzazione per la gestione dell'equilibrio finanziario dell'area euro sono proporzionati alle quote effettivamente versate.
Non c'è parità fin dalla sua istituzione, rispetta essenzialmente le forze economiche attualmente in gioco e non i principi di equità sanciti dall'Unione Europea.
L'Italia, per versare nei primi tre anni “irrevocabilmente e incondizionatamente” la prime quote che ammontano a 15 dei 125 miliardi di euro totali (circa il 17% dei totali 700 miliardi in dotazione al MES), ha già fatto ricorso al debito pubblico maturando ulteriori interessi passivi sui “prestiti”.
Si può chiamare “salva Stati” un accordo che ci chiede una cosa simile?
In un contesto di crisi di liquidità quindi, l'Italia si sta indebitando per versare una quota ad un'organizzazione che dovrebbe salvaguardarla dal debito.
In pratica è un incaprettamento, ma il bello deve ancora venire.
Uno Stato che dovesse richiedere gli aiuti al MES, farebbe scattare al suo interno dei piani di finanziamento ad hoc ai quali possono partecipare finanziatori esterni all'organizzazione, evidentemente appartenenti a quella giungla finanziaria che, di fatto, ha generato e tuttora alimenta (artificialmente, ndr) la crisi e, come se non bastasse, anche un margine di profitto per l'operazione (la cosiddetta cresta), il cui limite non è definito, è destinato all'organizzazione.
Se lo Stato non riesce a pagare il debito più gli interessi contratti, il MES prevede una serie di sanzioni finanziarie, ma se lo Stato non ha soldi come fa' a tirarne fuori altri?
Cosa può dare in cambio?
La risposta va da sé: patrimonio pubblico.
A dimostrazione di ciò, infatti, dopo l'approvazione del Fiscal Compact, 50 miliardi di Euro di risparmio l'anno ottenibili da politiche di austerità e tagli, sono cominciati, parallelamente, piani di privatizzazioni e svendita del patrimonio pubblico.
Non è prevista la possibilità di uscita dal MES.
La chicca: Il Consiglio dei governatori e il Consiglio di amministrazione del MES godono di immunità giudiziaria, di immunità di giurisdizione e di inviolabilità dei documenti.
Ma una domanda sorge spontanea, se c'è, qual è l'obiettivo politico di quest’organizzazione?
Nel momento in cui uno Stato richiede un prestito, il MES in collaborazione con la Troika (BCE+FMI+Commissione UE) decide di concedere il prestito soltanto se, in cambio, lo Stato richiedente si attiene a delle norme rigorose da far rispettare al suo interno, ad esempio, com’è avvenuto già in Grecia e Spagna, la Troika ha concesso finanziamenti in cambio di una concessione che le permette di dettare la politica interna, sostanzialmente basata sull'austerità.
Come brillantemente sostiene Lidia Undiemi studiosa di economia e diritto: “I processi democratici sono così diventati oggetto di contrattazione finanziaria”, da ciò se ne deduce che “la Finanza ha in tal modo ottenuto la legittimazione politica totalmente sganciata da qualsiasi tradizionale canale democratico nazionale o europeo”.
Va da sé che anche l'Italia, una volta che ha aderito a un’organizzazione che funziona con queste logiche deve aspettarsi che, oltre l'austerità, essa le detterà anche la politica interna.
Da quando c'è Monti, tuttavia, non è già così?
Il Parlamento italiano, ignorando l'art. 11 della Costituzione che enuncia: “L'Italia ...... consente, in condizioni di parità con gli altri Stati (che non c'è per effetto dello statuto MES, ndr), alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”, in data 19 luglio 2012, nel silenzio assoluto dei media e nell'assenza totale di dibattito pubblico, ha ratificato l'adesione al MES, approvando inoltre il Fiscal Compact una volta introdotto il principio di pareggio di Bilancio in Costituzione.
Anche ai più ingenui si dovrebbe palesare che tale trattato non è “salva Stati” ma “elimina-Stati”.
Quali sono gli schieramenti politici che hanno dato il loro consenso a questo scempio?
Eccoli qua: PD, PDL, UDC più aggregati “spontanei”, Lega contraria, IDV astenuta.
Vada per il PDL in balia del Cavaliere sotto il ricatto dalla Finanza internazionale che gli è costato il premierato, vada per l'UDC del trasformista e montiano Casini, ma il PD che c’entra con i malcelati fini di cui il MES è lo strumento e i principi della Teoria Monetarista che impone austerità e pareggio di Bilancio?
Non mi pare che questa domanda sia stata mai posta nei teatrini televisivi messi su per le primarie.
Bersani, leader confermato a furor di popolo, ha detto anzi che la prima risposta da dare agli italiani qualora vincessero le elezioni è il “la-vo-ro”, uno slogan populista che funziona sempre o quasi.
Anche uno studente al secondo anno di economia comprenderebbe l'assoluta infondatezza e incoerenza di questa posizione.
Infondatezza perché l'austerity anti-keynesiana scelta e votata dal PD è deflattiva, tiene a bada l'inflazione tanto cara ai monetaristi ma riduce il PIL, aumenta la disoccupazione, riduce il gettito fiscale e condanna il Paese che la adotta alla recessione, fino al default se non ha moneta sovrana (“Uno Stato a moneta sovrana non può mai fallire” Bernanke - pres. FED), la storia lo insegna, d’altronde la macroeconomia non è materia per questa generazione di politici.
Incoerenza perché i principi ai quali si dovrebbe ispirare il PD sono quelli socialdemocratici, di matrice marxista, che mettono in primo piano la tutela della società nelle sue massime espressione di cittadino, lavoro, assistenza e servizi nel contesto di una gestione più equa del sistema capitalistico.
Il PD, e questa non è un’opinione ma un fatto appurato, è agli atti del Parlamento, si è fatto complice e promotore (Napolitano) del prodotto più becero e iniquo del capitalismo: la speculazione finanziaria e i poteri forti che la esercitano.
Il PD di oggi si trova alla destra estrema del PCI del compianto Berlinguer, chi lo sostiene con il proprio voto non sembra riconoscere il “finto nemico”, Berlusconi, dal “vero nemico”, l'oligarchia tecnocratica e speculativa europea che sta decretando la fine della democrazia.
Siamo alle solite, non si guarda il meteorite che sta per travolgerci ma il dito che lo indica e, infatti, proprio oggi l'aspirante premier luogocomunista (prof. Bagnai docet) ha dichiarato “Non vedo l'ora di sfidare Berlusconi”(…… ancora ?! ndr).
Sopravvivendo ma anche stonando sobriamente, Bersani ci canti pure la MES.
05/12/12


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