giovedì 17 luglio 2014

Casta, cricca, corruzione ad usum italioti

Un altro fantastico post di Orizzonte48 che pubblico volentieri nella speranza che sia di stimolo alla migliore comprensione dei fenomeni politico-economici che quotidianamente ci pervadono e di cui si stenta a comprenderne il senso, facendone prevalere una loro semplificazione per una migliore fruibilità alla massa stravolgendone però, volontariamente ed efficacemente, i significati e i relativi nessi di causalità.
Si ripetono così strumentalmente concetti tipo casta, cricca, corruzione, non permettendone, per mezzo di una loro semplificazione "ad usum populi", una esaustiva individuazione dei veri attori, cause ed effetti.



BASTA-CASTA: IL "FALSO MOVIMENTO" DELLE OLIGARCHIE OCCULTATRICI DELLE CAUSE DELLA CRISI

Orizzonte48

Casta e bene comune, quando esploderà il popolo?

Se questa immagine e il relativo slogan non suscita in voi un senso di naturale repulsione, dovuto alla manipolazione in essi intrinseca, questo post non fa per voi (vorrebbe dire che l'idea della Casta ha per sempre saldato in voi l'inevitabile conclusione livorosa che il problema sia il "debitopubblico"...e la stessa Casta)

Gli Italiani ce l'hanno con la "casta".
Un'invenzione di Stella-Rizzo che è stata e rimane uno dei caposaldi culturali dell'ordoliberismo "pop". Cioè della gigantesca operazione di restaurazione del liberismo antidemocratico (come ci conferma Paolo Savona, con chiare recenti parole, alla presenza di Lordon), che fa della predicazione anti-Stato, - acclamata da coloro che ne risultano in concreto i soggetti negativamente colpiti-, il principale strumento di divulgazione di quella inversione dei rapporti causa-effetto della crisi che consente all'euro e all'Europa di proseguire imperterriti il massacro sociale, occupazionale e industriale di questo povero Paese. 

Questa è la funzione fondamentale della grancassa mediatica, che sorregge efficacemente, finora, il consenso autolesionista e autorazzista di cui godono i politici ordoliberisti.
Una sorta di contraddizione irrisolta, per cui gli stessi titolari delle posizioni più "evidenti" all'interno della casta stessa, si ritrovano legittimati a condurre la crociata contro di essa (!), ma naturalmente, senza alcuna preoccupazione di coerenza, "traslando" su altri protagonisti il marchio di infamia, preferibilmente i burocrati, intesi secondo un concetto atecnico, che coinvolge anche soggetti estranei alla pubblica amministrazione in senso tecnico-costituzionale. 

Cerchiamo di dare una definizione fenomenologica della castautilizzando un minimo di coerenza e adottando, nel far ciò, la forma mentis dei "professionisti dell'anti-casta" (come viene ben illustrato in questo post di cui consiglio la lettura).
Premessa 1: la "casta" ha a che fare con la spesa pubblica. Quindi può essere "casta" qualunque soggetto sia coinvolto, in base alla preposizione a qualsiasi - e sottolineo qualsiasi- pubblica funzione, cioè all'esercizio professionale odonorario o, nell'accezione diciamo "originaria", elettivo, di una qualunque attività svolta nel pubblico interesse;
Premessa 2: la denuncia della "casta" muove dal presupposto che la spesa pubblica sia invariabilmente un costo e non una componente fondamentale, positiva, del PIL. Essendo un costo, e anzi negandosi "a prescindere", qualsiasi considerazione degli effetti della spesa pubblica rispetto alla crescita del reddito nazionale, tagliare la spesa pubblica è sempre un vantaggio e condurrebbe allo "sgravio fiscale";
Premessa 3; non solo la spesa pubblica è un costo, ma essa, nell'immaginario ordo-livoroso (crasi che coglie matrice culturale e effetto manipolatorio indotto) è sempre legata, direttamente o indirettamente ad un illecito. Preferibilmente penale anche se spesso si contrabbanda come tale un (mero) illecito contabile, rilevato dalla Procura della Corte dei conti ...i cittadini non distinguono più bene e il livore parte schiumante! 
Conseguenze esemplificative di tale premessa: le pensioni? O sono "falsi invalidi" o sono-, invariabilmente, e specie se superano l'apposito tetto variabile del livore generazionale-, frutto di trasferimenti indebiti di ricchezza. Gli appalti? Sono tutti truccati e manovrati per gli "amici", anche se poi, gli stessi che formulano l'accusa considerano, chissà perchè, inammissibile che il giudice, competente per Costituzione proprio a verificare la regolarità legale di tali appalti, possa mutare l'esito di queste stesse gare (insomma, quando è il giudice penale a far saltare tutto, erano appalti aggiudicati agli amici della "casta", le varie "cricche"; quando è il giudice della fase di controllo "non patologico" della legalità, stranamente, il controllo stesso danneggia fantomatici "investitori esteri"...)

Valendoci di queste tre premesse, possiamo dare una definizione che si muova, appunto, all'interno della "ideologia" che ha formulato il concetto (ovviamente, neppure adottando questa sistematica "interna" si può pretendere che unadefinizione astratta sia stata già concepita a livello di "espertoni" mediatici: troppo rischioso, correndosi il rischio di lasciar fuori qualche fenomeno di spesa pubblica che si vorrebbe, all'occorrenza, stigmatizzare).

E dunque.
La casta è la serie di soggetti che si trovano a disporre o a fruire, in termini di erogazione di compensi di pubblico denaro, cioè a carico di ogni forma di bilancio pubblico, ovvero derivanti da regimi di diritto pubblico, di una posizione socio-economica immeritata...in quanto derivante dalla spesa pubblica.
E' una petizione di principio evidente? Cioè una definizione euristica incapace di giustificare e di dimostrare in qualsiasi modo quando tale compenso o regime pubblicistico sia realmente "immeritato"?
Non importa.
La distinzione tra meritevolezza e non, - tra corrispondenza ad una remunerazione economicamente e legittimamente giustificabile o meno-, non può e non "deve" essere fatta: si tratta, come abbiamo visto, di una diretta (ma non enunciata, ci mancherebbe) derivazione dal concetto Malthusiano di consumatore improduttivo

L'idea è che si tratti, sempre e in ogni caso, di "rendite" come tali sempre abolibili e sanzionabili, in nome di produttività e competitività, che albergherebbero solo nell'impresa privata, di cui si predica la superiorità etica incontestabile, persino di fronte al dato che la maggioranza relativa della "casta elettiva", - quindi il maggior stakeholder delle decisioni pubbliche censurate come "spesapubblicaimproduttiva"-, è composta da soggetti provenienti dalla governance dell'economia privata!
Ma rilevare questo dato, tutto sommato, essenziale, non rientra tra gli scopi mediatico-manipolatori del concetto di "casta":  il concetto serve a colpire solo certi tipi di spesa pubblica, evidentemente, e a instaurare un concetto di "politica" che si ferma solo a un ben preciso livello.
Cioè a colpire il livello della politica non funzionale alla doppia verità del liberismo: in altri termini, se il parlamentare o il ministro, cioè il decidente politico, fosse, per dire, un Briatore o un "cummenda", preferibilmente delocalizzatore degli impianti in precedenza situati in Italia, o, meglio ancora, un executive bancario, non è "casta"
Non si sa perchè, ma pur, secondo il caso, fruendo degli stessi compensi e prendendo le stesse decisioni, può e anzi deve considerarsi "legibus anti-castam solutus" e suo dovere è protestare contro lo Stato, il debito pubblico e la spesa pubblica improduttiva. E la casta stessa ("sono un manager e/o un imprenditore "prestato" alla politica, so tutto e capisco tutto, ma mi dovete lasciare carta bianca"). 

Dunque, la casta, la cui estirpazione è il principale scopo della intera categoria politica del "nuovo", va identificata con quella parte della classe politica (elettiva, ad ogni livello politico-amministrativo, ma non solo) o dei soggetti da essa nominati, che NON siano programmaticamente coinvolti e titolari del processo di privatizzazione degli interessi che dovrebbero, contro il dettato della Costituzione, guidare l'esercizio di ogni pubblica funzione.
Si tratta quindi di estirpare o, secondo il caso, "rieducare", la categoria dei"mediatori" (tendenzialmente "professionali") tra oligarchia liberista e istituzioni (ex)democratiche, in modo da cambiarne la composizione o comunque assicurarsene la totale fedeltà ed efficienza alla pronta realizzazione della privatizzazione oligarchico-affaristica di ogni aspetto dell'azione pubblica (residua).

Questi fini sono ufficialmente esposti come tali da teorizzazioni sia ordoliberiste interne che internazionali che, ancor più incisivamente,€uropee: si tratta di liquidare rapidamente tutte le componenti del consenso e della stessa società che svolgano ancora una funzione di freno alla intera restaurazione del liberismo ordinamentale.
E, nello spiegare il fenomeno, abbiamo così dato una definizione fenomenologica "oggettiva" (quella che i media livorosi non vi daranno mai).

Inutile dire che non difendiamo la casta: contrariamente ai propagatori mediatici del concetto, riteniamo che sia possibile distinguere tra posizioni di rendita politica smodate e parassitarie ed attribuzioni di compensi pubblici aventi titolo legittimo in indispensabili funzioni di pubblico interesse.

E SOPRATTUTTO abbiamo ben presente che le privatizzazioni e le liberalizzazioni, come ben dimostra questa ormai famosa elaborazione di Florio, sono alla base del colossale scambio tra rendite finanziarie e rendite politiche. 
Cioè, ed è bene chiarirlo, almeno per chi vuol capire, quello scambio che è posto alla base della stessa creazione della vera e propria casta in senso renditiero-parassitario
Casta che, quindi, non costituisce affatto il prodotto dello Stato-assistenziale-brutto e del clientelismo-corruzione, ma al contrario, dell'irrompere delle "forme legalizzate" dell'affarismo privatizzato nella gestione del bene pubblico, con il conseguente depotenziamento dell'interesse generale, assorbito in quello privato dei pochi che giustifica la sofferenza dei molti 
Orbene questo paradigma è TIPICO DEL PARADIGMA IMPOSTO DALL'UNIONE EUROPEA. E infatti le tecnocrazie della governance UE-UEM non scherzano affatto nei privilegi e negli sprechi di denaro affluente dai tanto detestati bilanci in deficit degli Stati-membri.

Ovviamente, non difenderemmo mai nè la casta intesa dagli ordoliberisti come (mediaticamente) "sacrificabile", nè tantomeno quella "intoccabile" dei tecnici e degli executives istituzionalmente preposti, a partire da BCE e Commissione, alla distruzione degli Stati democratici.
Solo diciamo che, se ponessimo correttamente la questione in termini di rendite, che sottraggono alla efficienza dello stesso sistema produttivo, risorse e profitti, altrimenti destinati a costituire il capitale di investimento in una corretta gestione efficiente del capitale stesso, EMERGEREBBE CHE L'UNICA VERA CASTA, INGIUSTIFICATA E DEL TUTTO INTOCCABILE, E' QUELLA DELLA GOVERNANCE FINANZIARIA, sia nella società italiana che nelle istituzioni europee.

Nessuno ci dice quanto guadagna Weidmann, Lagarde, o un Olli, o altro analogo personaggio intento a dare "lezioncine" di tutto e a tutti. 
Ma per "quanto guadagna", intendiamo una traiettoria, un'appartenenza, contraddistinta non solo in termini attuali (relativi alla carica pro-tempore) di percezione di denari sostanzialmente pubblici, ma in termini di potenziale carriera, sempre pronta e assicurata da una PORTA GIREVOLE, all'interno degli organismi finanziari privati dominanti
Ciò che, nei fatti, ci può cioè dare la misura di quanto valgano, in termini di guadagno economico personale, le decisioni delle istituzioni cui, incidentalmente, costoro appartengono, in una fase -opportunamente delimitata- della loro immensamente remunerativa vita professionale.

Quindi, colpevolizzare la casta e farne il principale obiettivo della revanche livorosa della "nuova politica" - a parte la ben nota irrilevanza della spesa relativa rispetto ai flussi di out-put gap e di recessione indotta dai creditori finanziari ordoliberisti nella loro furia rimodellatrice delle società democratiche- è un'operazione null'altro che "servente", rispetto ai fini ordoliberisti.
E non solo lascia intatta, ma anzi rafforza la "doppia verità" della effettiva concentrazione oligarchica del potere politico-istituzionale, prima ancora che della ricchezza, attualmente in corso. Un verità occultata dietro il manto di un'etica pubblica tutta particolare e alimentata dai media che costruiscono fattoidi e iperconvizioni che nessuno potrà mai estirpare.

 

Ma naturalmente, questa mia analisi è troppo complessa per essere "metabolizzata". 
Siamo in Italia, il regno livoroso dell'autorazzismo.
E si continuerà a considerare la distruzione della casta - e della sottostante gestione pubblica dell'interesse democratico generale- come il fine ultimo di ogni "rinnovamente politico".
Ormai senza neanche badare più se esista una qualche utilità rispetto alla crisi economica che ci sta divorando: un dettaglio e niente più.
Continuiamo così....  

Nessun commento:

Posta un commento